Tenti di stornare (divertire) la tua infelicità nei divertimenti d’ogni qualità: dalla metafisica al ballo, ma quella puntura, quell’irrequietezza, quella noia, quella frenesia, tornano sempre, dopo le fughe forzate nella dimenticanza, tornano a rammentarti che soffri e che non puoi fare a meno di soffrire e che soffrirai fino alla morte. Non rimane che far di te, a forza d’abitudini, un automa insensato, e, ogni tanto, un ubriaco di pensiero, di musica, di vino, di velocità, un fuggiasco da te medesimo. E non siamo altro, difatti, che una mandria immensa di marionette in fuga. Più sai e più patisci; più lavori e più ti abbrutisci; più comandi e più sei schiavo; più ti fai ricco e più hai fame; più fuggi e più ti ritrovi nelle facce altrui il ritratto della dura tristezza. Le tue feste non sono che finte evasioni dalla tua effettiva mestizia.
Giovanni Papini, Rapporto sugli uomini, Rusconi 1977.