Un quarto di secolo fa Krzysztof Kieślowski provò, con risultati straordinari, a raccontare in forma di apologo morale le leggi fondanti del cristianesimo. Le storie erano storie quotidiane, ambientate nella Polonia che stava vivendo la lenta fine del comunismo. Si chiamava Decalogo, ed è da tanto tempo che non lo rivedo. Dovrei farlo.
Mi è venuto in mente, Decalogo, vedendo una serie tv abbastanza recente che si chiama Black Mirror. E’ uscita da poco la seconda serie, ma io ho visto solo la prima , quella uscita un paio di anni fa. Anche Black Mirror è concepita come una serie di episodi indipendenti, almeno apparentemente, ognuno dei quali prova a sviluppare un quesito morale, utilizzando come spunto non i fondamenti della religione cristiana, ma i nodi problematici della religione del nostro tempo: l’information tecnology.
Nel primo episodio (il più riuscito, il più inquietante) il primo ministro inglese è vittima di un ricatto: è stata rapita una giovane e amatissima principessa, per il suo rilascio il rapitore pretende che il primo ministro si sottoponga ad una degradante umiliazione (eufemismo) in diretta tv; poi la vicenda procede, e le scelte si prendono, sulla base dei sondaggi d’opinione.
Nel secondo (forse il più scontato, figlio di una lunga tradizione distopica che va da Huxley a The Truman show, almeno) la gente per vivere pedala su delle cyclettes che producono l’energia necessaria a tenere in piedi la realtà virtuale nella quale tutti sono racchiusi, in un circolo vizioso di insensatezza senza scampo. L’unica speranza è riuscire a entrare nel mondo scintillante dei talent show, che alla fine altro non è che una forma superiore, ma non meno alienante, di irrealtà. E il sistema è così raffinato da essere in grado di inglobare anche ogni forma di potenziale dissenso.
Nel terzo episodio (quello filosoficamente più complesso) il tema è la memoria. Che succede se agli uomini viene applicato un chip che permette di archiviare come in un hard disk ogni ricordo vissuto, così da poterlo rivedere ogni momento, nei propri occhi o su uno schermo televisivo? Non ci vuole molto ad immaginare l’incubo che ciò comporterebbe nel nostro rapporto col passato e con gli altri. Ci troveremmo nella situazione, davvero poco invidiabile, di un noto eroe borgesiano: Funes, el memorioso. (L’episodio mi ha ricordato anche questo film, che mi era molto piaciuto a suo tempo).
Ora, Aldo Grasso ha visto in questa serie una critica moralistica dei media, una denuncia del fatto che i media fanno male, rovinano la vita e i rapporti eccetera. Non so, Aldo Grasso è certo più esperto di me, ma a me non pare che le cose stiano così: credo che alla fin della fiera le tecnologie son poco più che un espediente narrativo, in realtà la riflessione è piuttosto sull’uomo e sulla società (lo dice anche il giallo, che qui parla già della seconda serie). Se una critica si può fare, semmai, riguarda qualche didascalismo di troppo, o un linguaggio visivo non sempre originale. Ma ricordiamo che stiamo parlando di una serie tv: e magari in Italia si producesse qualcosa di anche minimamente paragonabile per qualità a questo “specchio nero”.
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Anche a me piacquero particolarmente il primo episodio (inquietante anche le tecnologie chiamate in causa sono praticamente quelle attuali; inoltre di questo episodio trovai interessante la scelta del ‘colpevole’, che non è un terrorista o un cospiratore, come si potrebbe pensare) e il terzo (da persona tendenzialmente paranoica ho tremato a pensare che ne sarebbe di me con un impianto del genere!).
Sono contento che tu abbia gradito (così mi pare).
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(…anche perché…)
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Naturalmente il post era anche un implicito ringraziamento a te :). Anch’io volevo sottolineare, in una prima stesura, il fatto che alla riuscita dell’episodio 1 contribuiva l’assenza di tecnologie strane… poi il passaggio ha preso un’altra strada…
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