Oggi in classe si è finiti a parlare, come prima o poi inevitabilmente accade se insegni letteratura a chi ha diciassette anni (che no, non è l’età più bella del mondo), del male di vivere, del non senso del tutto, della inutilità e insieme della necessità di cercare delle risposte, un senso, una direzione. Come sempre in questi casi, ti barcameni: un po’ di Leopardi, un po’ di Camus, e la proposta di continuare a cercare – possibilmente insieme – un po’ di possibile felicità nella fatica di Sisifo.
Poi, tornato a casa, dalla bacheca virtuale di una amica spunta fuori questa, come una specie di epifania.
Domani
Il fumo della sigaretta aleggia
nel salotto. Le luci della nave
laggiù al largo s’affievoliscono. Le stelle,
buchi bruciati nel cielo, s’inceneriscono, sì.
Ma va bene, è quello che devono fare.
Quelle luci che chiamiamo stelle.
Bruciare per un po’ e poi morire.
Io ho una fretta del diavolo. Vorrei
fosse già domani.
Ricordo che mia madre, Dio la benedica,
diceva: Non desiderare il domani.
Così sprechi la vita in desideri.
Eppure, lo desidero tanto
questo domani. Con tutti i suoi fronzoli.
Voglio che il sonno venga e se ne vada, tranquillo.
Come passare dalla portiera di una macchina
A un’altra. E poi svegliarmi!
E trovarmi domani nella stanza.
Ora sono più stanco di quanto riesca a dire.
La mia scodella è vuota. Ma è la mia, capite?
E io l’adoro.
R. Carver da “Orientarsi con le stelle”
Adorare la vita (e adorare Carver)
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