Ce lo meritiamo?

Ho sempre osservato con crescente stupore il crescente successo di un mediocre attore comico come Rocco Papaleo (e non sono l’unico a pensarla così). A dire proprio tutta la verità, non me ne sono mai fatto una ragione. Forse perché non ho visto Basilicata coast to coast, che passa per essere il suo capolavoro artistico insieme al blues Basilicata on my mind.

Poi ho visto, per sbaglio come per sbaglio capitata di vedere tante cose su facebook, questo spezzone di un film intitolato Nessuno mi può giudicare (off topic: quanto sono pigri i titolisti di film italiani?), che sono contento di essermi perso. E, con Papaleo, credo di aver proprio chiuso i conti.

(e non parliamo della mediocrità della parodia in sé, che non si capisce nemmeno bene dove voglia andare a parare… probabilmente perché non lo sa nemmeno il regista, dove andare a parare: un po’ fare il finto empatico col parodiato, un po’ prendersela con la sinistra radical-chic, un po’, forse, strizzare l’occhio agli istinti razzisti dell’italiano medio che si merita, probabilmente, film che abbiano – sempre – titoli rubati a vecchie canzoni)

Chi parla male

Adriano Sofri probabilmente sarebbe stato un grande filologo, sulla scia magari del da lui tanto ammirato Sebastiano Timpanaro, se non avesse fatto altro nella vita. Stamattina ha esercitato la sua capacità di analisi e di esegesi sulla sentenza alla base dei fatti che hanno coinvolto quel disgraziato bambino in tuta blu; fatti che tutti conoscono ormai fin troppo bene.

L’articolo si Sofri mi ha fatto venire in mente tante cose: una scena memorabile di Palombella rossa, una pagina ancora più memorabile di Una storia semplice di Leonardo Sciascia (e relativa scena – molto fedele – del film, con il grandissimo Volontè); i commenti ad un concorso di magistratura di qualche anno fa, e anche la brillante prosa di uno, che fra l’altro, ha diretto un giornale quotidiano con una nobile storia dietro le spalle.