Senza risposte

C’era un tempo in cui non capivo proprio niente, e quando avevo a che fare con roba a vario titolo legata alla cultura ci cercavo le risposte. Poi per fortuna ho capito che le risposte stanno a pagina 46 della settimana enigmistica e che nei libri e nei film al massimo potevo cercare buone domande. Però le risposte continuavo a cercarle, forse un po’ più appropriatamente, nei giornali, nei buoni giornali. Ora nemmeno quello. Sempre più mi accorgo che l’unica cosa che mi interessa sono le storie delle persone, e più di queste persone vengono messe in luce le incertezze, i dubbi di fronte ad una scelta, più mi pare che queste storie abbiano per me un senso.

Per questo qualche sera sera fa mi è piaciuto vedere l’ambiguo melodramma di François Ozon; per questo la settimana scorsa mi sono sentito di scrivere un post di elogio per un’intervista problematica e per niente banale ad una donna che aveva deciso di aiutare due gay ad avere dei figli (erano i giorni di Dolce e Gabbana, fra l’altro…); per questo sono rimasto molto colpito per un articolo letto su Internazionale che racconta la vicenda di Willie Parker, l’unico medico che – in un contesto fortemente ostile – pratica l’aborto nello stato del Mississippi. Parker è un medico nato da una madre sola e povera, ultimo di cinque figli, diventato medico solo grazie alla sua bravura e alle borse di studio, cresciuto in un contesto fortemente religioso e che da giovane è stato un ginecologo antiabortista, finché un suo collega e amico che praticava aborti non è stato ucciso di un fondamentalista cristiano, in chiesa, con un colpo di pistola alla testa. Da quel momento quest’uomo ha messo radicalmente in discussione i suoi convincimenti, e dopo molte complicate riflessioni ha deciso di dare una mano ad abortire alle donne del Mississippi, quasi tutte nere come lui, che senza di lui non avrebbero grandi alternative alla trementina, all’acido sturalavandini o al buttarsi dalle scale. L’articolo racconta benissimo non solo i rischi che Parker corre (e il contesto terribile della bible belt, un scenario al quale rischiamo di avvicinarci anche noi…), ma anche i dubbi, i momenti tragici, il dolore e la fatica. Ma – soprattutto – i dubbi. E non dà risposte.

L’articolo di Claas Relotius che racconta la storia di Willie Parker, originariamente apparso su Der Spiegel, si legge in italiano nel numero 1095 di Internazionale. In rete può essere al momento reperito in questa rassegna stampa: vale la pena di leggerlo fino all’ultima riga.

PS: Naturalmente con trenta secondi di ricerca su google si trova il periodico cattolico che assimila Willie Parker a “Heichmann” (con l’acca, ovvio). Ma  di gente piena zeppa di risposte ce n’è sempre stata tanta, troppa, in questo mondo.

3 pensieri su “Senza risposte

  1. Mah, che ti devo dire, forse la bible belt è una roba davvero fuori dai nostri parametri, e ad evocarla ho esagerato; però sul fatto che siano pochi ho qualche dubbio, e che ancor più dubbi ho che siano sempre meno. I più di mille partecipanti all’incontro di Macerata con il famigerato avvocato Amato che – evocando Hitler e Stalin – si è scagliato contro la fantomatica “ideologia gender” che si starebbe imponendo nelle scuole, be’, a me fanno impressione, e preoccupano.

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  2. (scusa, m’ero dimenticato del mio commento e leggo solo ora la tua risposta)
    breve: a me fanno sì un po’ impressione (un po’ senso), ma non preoccupano.

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