(un post vecchio di qualche anno, rimasto a lungo fra le bozze per un motivo che non ricordo più, ma ora mi va di tirarlo fuori…)
Domenica scorsa sono stato a Loreto, ho assistito ad una messa, resa solenne da cori internazionali e bravi musicisti locali; celebrava un vescovo. Io a Loreto ci andavo da piccolo, e ero contento perché di solito alla fine del giro in Santa Casa i miei si fermavano in un negozio di giocattoli più fornito della media. In ogni caso, è un luogo della mia infanzia, e della mia vita. Credo che con un po’ di pazienza potrei ricostruire il mio percorso nella religione cattolica (scoperta, fascinazione, adesione incondizionata, inquietudine, dubbi, rifiuto, ancora dubbi, sereno distacco, sempre più dubbi, sguardo razionale, dubbi definitivi, rassegnazione, dubbi insormontabili, consapevolezza, dubbi, libertà, dubbi, irritazione, dubbi, denuncia, dubbi, ancora distacco e libertà… ad libitum) ricostruendo i miei passaggi, da solo o variamente accompagnato, nella casetta della Madonna Nera di Loreto.
Ieri, comunque, ci sono tornato dopo veramente tanto tempo, e non so perché proprio ieri avevo lo sguardo dell’antropologo, almeno per come posso immaginarmelo io, che antropologo non sono. Io me lo figuro così: un terzo distanza, un terzo curiosità, un terzo spirito critico, e un pizzico di simpatia istintiva. Ne sono venute fuori alcune osservazioni:
1) La stampella messa di traverso a tenere occupati in prima fila.
2) La monaca che invita “chi è uso a prendere l’ostia sulla mano a metterla in bocca alla presenza dell’officiante” (contro eventuali satanisti?).
3) L’impressionante sequenza di cassette per le offerte in prossimità e dentro la Casa della Madonna Nera: all’ingresso, a ciascuna delle uscite, dove la gente sta ferma in preghiera. Ma soprattutto (il particolare mi ha colpito tantissimo) nello spazio sottostante la Madonna Nera: se si pensa a quello spazio come ad una piccola chiesa (e tutti gli elementi strutturali spingono a questo: la posizione della Madonna, la grata, la forma complessiva dell’edificio…), lo spazio sotto la Madonna è quello destinato all’altare, ovvero il luogo del sacrificio eucaristico, e in effetti ogni cappellina, anche la più piccola, lì c’è un altare – in questo caso no: in questo caso lì c’è una grande fessura per le offerte dei fedeli. Poi si esce, e un apposito addetto (un frate) si occupa – a pagamento, mi par di capire – della benedizione degli oggetti sacri. (Pensare, in questi momenti, a Lutero; o a Pietro Giordani, come ad esempio in una delle più belle scene de Il giovane favoloso).
4) La giovane rannicchiata in un angolo di quella cappellina, in sincera e commossa (e commovente) contemplazione.
5) Il vescovo che alla fine della messa, dopo aver salutato gli ospiti stranieri, rivolge un pensiero agli industriali riuniti per la “Pasqua degli imprenditori” [sic!], e nomina con deferenza il più importante di loro (lui si schernisce). Alla fine tutti a salutarlo e omaggiarlo, in una lunga fila. Come un signore feudale.
6) I pagamenti in contanti, e senza ricevuta, ai collaboratori, direttamente con le banconote di piccolo taglio delle offerte dei fedeli.
7) L’indiano che cerca di convincere i due turisti in divisa da motociclista che i suoi occhiali sono fatti in Italia, “no roba cinese”.
8) La messa per i giovani che si preparano al matrimonio, la ragazza che si stringe al ragazzo nel momento in cui il celebrante parla di progetti per la vita e amore puro. Io mi sento un intruso, e mi vergogno un po’ quando mi trovo a pensare che quella povera ragazza la stanno illudendo. E che per quel prete sono solo parole mentre per lei è carne e vita vera.
9) La gente in fila a fare la comunione. Persone che non ci pensano e stanno lì a ripetere un rito antichissimo, antropofago: mangiare il tuo Dio o il tuo nemico perché ti dia la forza. Non ci si pensa, ma è una roba primitiva, o meglio: primordiale. A me, 226 anni dopo la rivoluzione francese, fa quasi paura. Ma mi affascina, anche.
10) Il maxischermo che rimanda i due giovani frati barbuti (esteticamente non così diversi da rivoluzionari cubani, o hipsters, o fondamentalisti islamici) che portano il candeliere con aria svogliata.
Eccetera.