Provi a mettere a fuoco dei pensieri, vuoi farci un post, ma non ne hai voglia. Così aspetti qualche giorno, in attesa che la voglia arrivi e i pensieri diventino più chiari. Ma non arriva né la voglia né la chiarezza. Intanto, però, c’è chi scrive le stesse cose che stavi meditando tu, e molto meglio di quanto le avresti scritte tu. Che bella la rete: basta aspettare, e qualcuno, prima o poi, da qualche parte, fa qualsiasi cosa al posto tuo!
Così è andata anche questa volta, che volevo dichiarare pubblicamente le mie forti perplessità a proposito della prima prova dell’Esame di Stato 2014. Volevo sottolineare come al Ministero, dopo la scelta forte, quasi rivoluzionaria, fatta l’anno scorso proponendo per l’analisi del testo un brano molto poco ortodosso di Claudio Magris (una scelta che indicava una strada didatticamente difficile ma suggestiva), sia tornato indietro di almeno vent’anni, proponendo insensatamente una poesia di Quasimodo che non ha davvero nulla più da dire a nessuno, ormai. E volevo parlare di come abbia peggiorato le cose proponendo un saggio breve d’ambito artistico-letterario che di letterario non aveva proprio niente, a parte un insulso passo di un datato racconto della Deledda, pieno di spirito cristiano in salsa decadente che Dio ce ne scampi. Tutto molto reazionario, insomma. E aggiungo: didatticamente inconcepibile: un patrimonio letterario, e con esso la ricchezza di prospettive culturali e umane che elabora e trasmette, ridotto a stanchi riferimenti casuali, giustificati solo dall’etichetta del Nobel (quasi che, nella conflagrazione del canone, l’unico criterio di scelta rimasto ai burocrati ministeriali sia quello dell’opinabilissimo e criticamente insignificante premio svedese). Uno scenario, insomma, desolante. Tanto desolante da rendere plausibile il pensiero che il piano sia semplice e terribile: svuotare completamente di senso lo studio delle letterature a scuola, fino a renderne accettabile, e persino auspicabile (presso l’opinione pubblica, e prima o poi anche presso gli addetti ai lavori), l’eliminazione, l’annientamento.
Volevo dire queste cose, insomma, sviluppare questi pensieri, ma poi per fortuna mi hanno segnalato un un pezzo di Marina Polacco su Le parole e le cose. E amen.
Eppure c’è un filone che vorrebbe rivalutare le scienze umane. Ad esempio Gabriele Pedullà sul Domenicale del 27 aprile scorso (che non trovo, ma è rilanciato ad es. qui http://www.manuelaghizzoni.it/2014/04/27/riappropriamoci-dei-saperi-di-gabriele-pedulla/). Direi che vale la pena di tenere duro e di insegnare quello che è bello e attuale. Pazienza se i ragazzi alla maturità sceglieranno altro che l’analisi del testo di Quasimodo o Grazia Deledda. In fondo più normale sarebbe che la scuola fosse più avanti del Ministero, e non che il Ministero sia più avanti della scuola. Temo che in realtà siano molto ben allineati, arretrati entrambi “ed è una morte un po’ peggiore”
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Certo, la mia analisi non tiene conto di quel che si muove nella società ed è certo molto più complesso: la mia è una visione dall’interno del mondo scolastico, in una dinamica fra scuola “reale” (dove ci sono tentativi, faticosi, di innovare e stare al passo coi tempi) e scuola “pensata” dal Ministero (spesso pensata male, senza chiarezza…). Il punto è però che le tracce della maturità hanno un valore paradigmatico, più di quanto si pensi, per la didattica futura: una traccia come quella di Magris dà forza, dentro la scuola, a chi vuole percorrere strade nuove; una come quella di Quasimodo riporta in auge chi è ancorato ad un canone che già quand’era studente universitario lui sapeva di muffa. Per questo è necessario tenere duro, e discutere!
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Assolutamente d’accordo (del resto, se ne parlava appunto insieme a Marina Polacco, quel famigerato mercoledì). Aggiungo che anche le altre tracce non è che lasciassero tante speranze. Il saggio scientifico e quello socio-economico erano, a volere essere benevoli, banali. E quelli di storia lasciano dei grossi dubbi sulla consapevolezza delle categorie storiografiche dei ministeriali.
Assolutamente d’accordo anche sul valore paradigmatico delle tracce in generale e innovativo di quelle dell’anno scorso in particolare.
Infine, riallacciandomi al commentatore precedente, anche io penso che non si possa liquidare le tracce della maturità con un “pazienza”. C’è modo e modo di essere brutte tracce. Queste erano brutte, raffazzonate e inopportune. E non è un bel vedere.
Comunque, ne ho parlato anche io qui: http://nemoinslumberland.wordpress.com/2014/06/18/nel-ventre-molle-dellitalia-attardata/
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