“Di chi aspetta sempre un inverno / per desiderare una nuova estate”: oggi mi sono venuti in mente questi due versi di Francesco Guccini sull’attesa. Chissà come starà, il Guccio, se avrà paura, lui ormai vecchietto, di questo mostro che ci tiene in scacco, e come penserà alla nuova estate…
In quei versi mi sono sempre riconosciuto, ho sempre vissuto sulla mia pelle la perenne insoddisfazione di chi sa apprezzare meglio l’attesa che il compimento, di chi preferisce il lento arrivare dell’estate fra maggio e giugno all’esplosione del luglio e dell’agosto. E che ne sarà, del nostro maggio e del nostro giugno?
Perciò la poesia di oggi è Lettera di Francesco Guccini, ma aggiungo anche altre due poesie per musica che in qualche modo sviluppano il tema, una di Niccolò Fabi, una di Jovanotti.
Lettera
Il giardino di ciliegi fiorito
Agli scoppi del nuovo sole
Il quartiere si presto riempito
Di neve, di pioppi e di parole.
Alluna in punto si sente il suono
Acciottolante che fanno I piatti
Le tv sono un rombo di tuono
Per lindifferenza scostante dei gatti.
Come vedi tutto normale
In questinutile sarabanda
Ma nellintreccio di vita uguale
Soffia il libeccio di una domanda.
Un g ed un dubbio eterno,
Un formicaio di cose andate
Di chi aspetta sempre linverno
Per desiderare una nuova estate.
Il resto, se vi va, ascoltatelo…
Da: Francesco Guccini, D’amore, di morte e di altre sciocchezze…
Foto: Guccini a Pavana, davanti casa sua (dal web).